Investire in comunicazione (parte seconda)

Il problema in molti casi mostra che manca la volontà di una visione temporale, per la quale alla fine si guardano le necessità legate al marketing e alla comunicazione con soluzioni improntate alle vendite immediate.

Autore Neal

I manager pianificano i volumi di vendita desiderati e immaginano i targhet da colpire con le metodologie più consuete alla propria esperienza di venditori.

Le persone che possono influire sulle scelte operative in questi ambiti, hanno una cultura che poche volte applicano. Sanno che è fondamentale sia trovare un nuovo cliente, che mantenerlo.

Leggono di nuove strategie che portano a misurare il volume potenziale di acquisto di un cliente sul breve e lungo periodo. Sanno quindi che per fare questo serve riuscire a instaurare un rapporto diverso dal semplice venditore.

Si informano su in nuovi media e scoprono soluzioni innovative che potrebbero fare al caso loro.

La verità e che quando si tratta di vendere, si sceglie sempre la strada che a vista da il risultato più veloce, invece di quella con una qualità migliore e con maggiori potenzialità per l’oggi e per il domani.

Di conseguenza vi sono venditori di servizi e soluzioni di marketing e comunicazione, e non esperti pronti a offrire la propria conoscenza a vantaggio dei propri clienti.

Per fortuna questo non accade ovunque. Tanto che sia nelle piccole sia nelle grandi imprese vi sono figure di account, e non di meri venditori, che interagiscono a vantaggio dei due bisogni: vendere e fornire risposte concrete alle necessità del cliente.

L’ esigenza e la ricerca di vendite immediate basate su strategie consolidate, fanno saltare tutte quelle opportunità date dalle innovazioni che il marketing e la comunicazione offrono.
Dall’altra, l’ipocrisia di dover raggiungere il cliente e motivarlo ad acquistare senza chiedersi quanto questo cliente può valere oltre la singola vendita spot; spinge a vendere quello che sia ha nel paniere, tralasciando le reali necessità del cliente.

La situazione porta a suggerire che in Italia manchi la capacità di focalizzare il concetto di partnership, mentre rimane saldo il concetto di cliente.